A una settimana dalla presentazione del tanto atteso 2° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, abbiamo l'opportunità di intervistare Alberto Perfumo, Amministratore Delegato di Eudaimon, che ha collaborato attivamente nella stesura del Rapporto.
Autore del libro Il welfare aziendale è una iattura, Alberto è sostenitore attivo dell’applicazione del welfare come strumento di condivisione, di miglioramento delle condizioni di vita dei collaboratori e di creazione di comunità all’interno dell’azienda.
∼ Alberto, cosa ti ha colpito maggiormente degli argomenti trattati all’interno del Rapporto?
Il 2° Rapporto Censis-Eudaimon dice alcune cose importanti.
Voglio soffermarmi su due di queste, che mi sembrano decisive nella relazione tra il lavoro, l’impresa e le persone:
1. Il welfare aziendale come opportunità di creare un clima aziendale nuovo, favorendo il coinvolgimento delle persone
Mi ha sorpreso il dato sul senso di comunità: a dispetto di quello che il Censis chiama il sovranismo psichico, quasi un lavoratore su due sente l’azienda come il luogo della condivisione.
(Da qualche parte bisognerà pur ripartire per risalire la china: può essere la comunità al lavoro?)
Quel che è certo è che il senso di comunità rappresenta sia l’humus più favorevole per fare welfare che il risultato del welfare aziendale, in un circolo virtuoso che si alimenta da solo!
Quindi, welfare per far star meglio le persone e creare ENGAGEMENT.
2. Il welfare aziendale come ammortizzatore delle disparità di trattamento sul lavoro e risposta ai bisogni delle persone
Le evidenti disuguaglianze tra lavoratori, fotografate dal Censis, possono essere ammortizzate dai servizi di welfare che l’azienda mette a disposizione, in particolare nell’ambito sociale e sanitario e in quello dell’educazione dei figli. È qui che i lavoratori più deboli hanno bisogno di supporto: sono loro che fanno più fatica a comprendere e decifrare le loro esigenze specifiche e a trovare le risposte più adeguate.
Ecco allora che l’azienda può svolgere un ruolo di facilitazione, orientamento e accompagnamento, che va oltre il mero supporto economico.
∼ Perché è importante considerare il welfare aziendale come il perfezionamento del benessere organizzativo?
Come dice il Rapporto, il welfare è una piattaforma di promozione del benessere.
Esso consente di chiudere il cerchio:
migliori condizioni di vita dei lavoratori producono un clima aziendale migliore e migliori relazioni in azienda. E questi favoriscono migliori performance aziendali. È la classica operazione in cui vincono entrambe le parti.
∼ Direi che siamo piuttosto lontani da buona parte della retorica recente sul welfare aziendale e da una narrazione tutta fondata sul risparmio fiscale. È così?
È proprio così e vale la pena mettere qualche paletto e valutare qualche numero.
Cominciamo col dire che l’intento della norma 2016 era intervenire sui salari – nel suo libro «Le riforme dimezzate», Marco Leonardi ne parla nel capitolo intitolato "La questione salariale".
In una situazione stagnante, il governo poteva intervenire sui salari solo abbassando il costo del lavoro (de-contribuzione) e de-tassando i salari stessi.
Con quali impatti?
Impatto modesto per il lavoratore: su un premio medio di 1.000-1.200 euro, il vantaggio fiscale complessivo può essere pari a 250-300 euro, equivalente a 1-1,5% del suo reddito annuale.
Impatto modesto per l’azienda: se c’è trasformazione del premio in welfare, l’azienda risparmia circa il 35% del valore del premio, pari a qualche punto su mille del costo del lavoro.
È poco e certamente non esaurisce il potenziale del welfare aziendale.
∼ Ci stai dicendo che si possono generare più benefici per lavoratori e imprese?
Facciamo il caso di un’azienda che investe nel benessere delle sue persone, ad esempio che, in accordo col sindacato, definisce un piano di welfare che non è una semplice conversione del Premio Di Risultato ovvero una trasformazione di soldi in altri soldi, col beneficio marginale di minori tasse.
La sua realizzazione contribuisce a:
- ammortizzare le disuguaglianze
- rispondere ai bisogni
- creare il senso di comunità
- migliorare le relazioni e il clima
- migliorare le performance dell’azienda.
I benefici per i lavoratori sono evidenti: ha servizi che non avrebbe altrimenti avuto, ad esempio per la salute, la famiglia, lo studio dei figli…
C’è un beneficio economico ma soprattutto c’è il beneficio di vedere risolti alcuni bisogni importanti.
E qual è il beneficio per l’impresa?
Eudaimon ha sviluppato un modello di calcolo del beneficio legato all’engagement delle persone.
Esso produce minori assenze, minore turnover e necessità di sostituzione, maggiore produttività.
Il risultato è un impatto netto positivo che vale il cinque per cento del costo del lavoro e che è oltre 10 volte il semplice risparmio contributivo.
Vale la pena di farlo, credetemi!
∼ Quali conclusioni ti senti di trarre?
È passato un anno dalla presentazione del 1° Rapporto e tre dalla rivoluzione del settore del welfare aziendale.
L’operazione “verità” che noi di Eudaimon abbiamo deciso di compiere col Censis a inizio 2017 sta procedendo.
Il welfare come «panacea per tutti i mali» ha, da una parte, mostrato qualche limite. Ma, dall’altra, sta rivelando tutte le sue potenzialità.
Come conclude il 2° Rapporto, il welfare aziendale è un pilastro di una comunità aziendale concretamente in mutazione, è il motore di costruzione di benessere per i lavoratori, a cominciare da quelli più esposti e vulnerabili. Esso stimola una loro più alta, consapevole, e anche condivisa adesione a obiettivi e progetto aziendale.
Vuoi scaricare il 2° Rapporto Censis-Eudaimon per essere aggiornato su ciò che è emerso?