Il ruolo assistenziale del caregiver è sempre più valorizzato in una società moderna, dettata da ritmi frenetici e serrati.
Oggi, in Italia, questo ruolo è spesso svolto da familiari, amici o conoscenti, che si prendono cura di persone non autosufficienti, anziani, o malati cronici, senza ricevere alcun compenso.
Nonostante ciò, parliamo di una figura di primaria importanza per le famiglie e il sistema assistenziale, come supporto ai servizi sanitari e sociali.
Negli ultimi anni, si è quindi discusso molto della necessità di riconoscere e sostenere maggiormente i caregiver, che spesso si trovano a dover affrontare difficoltà economiche, emotive e di gestione del tempo.
Non esiste ancora una legge nazionale univoca, che riconosca appieno questo ruolo, ma esistono iniziative regionali e comunali in grado di prevedere agevolazioni e contributi.
All’interno di un contesto simile, il Welfare Aziendale non può che andare di pari passo coi tempi: vediamo quindi come e perché il ruolo del caregiver ha a che fare anche col contesto lavorativo e sociale.
Cosa significa “Caregiver” e qual è il suo ruolo?
Con il termine inglese “caregiver”, che può essere tradotto letteralmente come “colui che offre cura”, ci si riferisce all’assistente familiare o “accuditore”.
Il caregiver è una persona che si occupa di assistere (anche solo per un temporaneo periodo di tempo) qualcuno che ha bisogno di supporto per motivi di salute, invalidità, età avanzata o altre difficoltà.
Il termine include sia chi presta assistenza a livello professionale, come operatori sociosanitari, sia chi lo fa in ambito familiare, spesso senza ricevere alcuna retribuzione.
Le attività di un caregiver sono molto labili e possono variare dall'assistenza quotidiana (come l'igiene personale e la somministrazione dei farmaci) fino al supporto psicologico e alla gestione delle visite mediche.
Origine del concetto e della figura del caregiver
La figura dell’assistente familiare inizia a venir riconosciuta a partire dalla fine degli anni ’80, specialmente nei Paesi anglosassoni, precursori assoluti nell’affrontare in modo sistematico il bisogno di supporto di chi assiste persone anziane o con disabilità.
In Italia però, il caregiver ha iniziato a ricevere maggior attenzione solamente negli ultimi decenni, grazie anche a una serie di normative e incentivi, come il bonus caregiver, di cui parleremo meglio più avanti.
Tipologie di caregiver
I caregiver si distinguono in diverse categorie, a seconda del rapporto con la persona assistita e della modalità di assistenza.
Il caregiver familiare è colui che si prende cura di un membro della propria famiglia. (Ruolo spesso svolto da coniugi, figli, o altri parenti stretti)
Il caregiver professionista è invece un’assistente sanitario o sociale che riceve un compenso, in cambio del proprio servizio di cura.
Viene infine definito “caregiver informale”, chi offre supporto a persone con cui non ha necessariamente legami familiari, ruolo sempre più diffuso soprattutto tra i giovani negli ultimi anni.
La principale distinzione tra le diverse tipologie di caregiver sta quindi nell’essere o meno considerabile un impiego vero e proprio.
Parlando quindi di lavoro, concentriamoci meglio sul ruolo del Welfare in tal senso…
Caregiver e Welfare
Integrare il supporto ai caregiver tra i servizi disponibili tramite il Welfare Aziendale è una tendenza in crescita, con lo scopo di contribuire al miglioramento della qualità della vita dei dipendenti, ma anche per creare un ambiente lavorativo più inclusivo e attento alle esigenze personali.
Tali benefici possono concretizzarsi in vari modi, tra cui flessibilità oraria, permessi retribuiti o non retribuiti, l’accesso a servizi di assistenza e/o ai bonus previsti dallo Stato.
Tramite il Welfare, le aziende possono sostenere i collaboratori con responsabilità di cura, migliorando il benessere lavorativo e incrementando la produttività.
I caregiver familiari, infatti, affrontano quotidianamente sfide significative, per riuscire a bilanciare lavoro e vita privata, fornendo l'assistenza necessaria a familiari anziani o malati, e il supporto aziendale può fare la differenza.
Un programma di Welfare Aziendale orientato ai caregiver potrebbe includere tra le altre cose:
● flessibilità oraria e smart working
Consentire ai caregiver di gestire gli orari lavorativi in modo flessibile o di lavorare da remoto può ridurre il carico di stress, consentendo una migliore gestione del tempo.
● Contributi per l’assistenza
Alcune aziende offrono voucher per servizi di assistenza domiciliare, sconti su strutture di cura o convenzioni con servizi di supporto.
● Assistenza psicologica e counseling
Mettere a disposizione uno sportello di ascolto o un servizio di consulenza psicologica può aiutare a gestire lo stress e le difficoltà emotive legate alla cura di familiari.
● Formazione per caregiver
Specifici programmi di formazione possono fornire competenze utili per la gestione della cura, supportando i dipendenti anche a livello pratico e informativo.
● Permessi speciali e congedi retribuiti
Oltre ai permessi previsti dalla legge, alcune aziende offrono congedi retribuiti aggiuntivi per le emergenze familiari, dimostrando un approccio empatico, con particolare attenzione alle esigenze del personale.
Anche tramite questi strumenti, un buon piano di Welfare Aziendale si propone di sostenere il dipendente, traendone effetti positivi anche sulla sua motivazione e senso di appartenenza, e contribuendo alla reputazione aziendale, come datore di lavoro attento al benessere dei propri lavoratori.
Bonus caregiver: cos’è e chi lo può richiedere?
Il bonus caregiver è un’agevolazione economica, destinata a chi si prende cura di familiari con disabilità o condizioni di salute gravi.
I caregiver familiari spesso rinunciano infatti a opportunità lavorative e/o sono costretti a sacrificare il proprio tempo libero e a investire le proprie risorse economiche, per garantire la dovuta assistenza ai propri cari.
In linea generale, per accedere al bonus caregiver, è necessario:
● essere residente in Italia;
● occuparsi di una persona con disabilità, con certificazione che ne attesti la gravità;
● presentare una dichiarazione ISEE aggiornata, che attesti la situazione economica sia del caregiver che della persona assistita.
Nel caso specifico del caregiver familiare, che si prende cura di un parente con disabilità o invalidità, nella maggior parte dei casi sono inoltre necessari dei requisiti aggiuntivi, quali:
● convivenza con la persona assistita;
● grado di parentela diretta, fino al 3° grado.
Anche i caregiver in pensione possono accedere al bonus, ma con ulteriori restrizioni:
● l’ex lavoratore deve essere il principale responsabile dell’assistenza alla persona disabile.
● La pensione non deve superare un determinato importo (consultabile nei regolamenti annuali).
Bonus caregiver: importo 2024/2025
Il valore del bonus caregiver può variare in base alla situazione economica della famiglia e alle normative regionali.
Attualmente, per il biennio 2024-2025, l’importo massimo erogabile è di circa 1.200 € annui, ma è fondamentale verificare le specifiche del bando, poiché alcune regioni offrono contributi maggiori o misure aggiuntive per i caregiver familiari.
Oltre al supporto economico, molti caregiver necessitano anche di assistenza sanitaria per affrontare lo stress fisico ed emotivo derivante dal ruolo.
Alcune aziende prevedono quindi percorsi di sostegno psicologico[1] o un accesso facilitato a cure mediche, specifico per i caregiver, per garantire una qualità di assistenza costante e sicura.
Come ottenere il bonus caregiver?
Per richiedere il bonus caregiver è necessario innanzitutto:
- presentare tutta la documentazione necessaria, tra cui certificati di disabilità e dichiarazione ISEE.
- Richiedere l’accesso al bonus, recandosi fisicamente presso il comune di residenza o la sede dell’INPS o facendo domanda online, attraverso il sito INPS.
È possibile rivolgersi a un consulente del lavoro o a un CAF, per garantire che la domanda sia completa e che si rispetti il corretto iter burocratico.
Integrare il supporto ai caregiver all’interno del Welfare Aziendale non è solo una forma di inclusività, ma rappresenta anche un investimento sulla sostenibilità delle risorse umane aziendali.
È anche questo un modo per ripagare chi svolge un ruolo così cruciale e per valorizzare una componente della società spesso invisibile ma indispensabile.