Turnover personale
12 Novembre 2025

Turnover personale: le reali conseguenze in azienda

Il turnover del personale è un fenomeno che ogni azienda, prima o poi, si trova ad affrontare. Se da un lato può rappresentare un’opportunità di rinnovamento, dall’altro può trasformarsi in un serio problema organizzativo, economico e culturale.

Capire cosa comporti realmente un tasso di turnover elevato è quindi fondamentale per saper gestire al meglio le risorse umane e tutelare la competitività aziendale.

Partiamo quindi dalle basi, spiegando cosa si intende per turnover in ambito HR, quali sono le cause che lo innescano e le relative conseguenze, ma anche come cercare di ridurlo.

Cosa si intende per “turnover del personale”

Con il termine “turnover” relativamente al personale, si indica in sostanza “un ricambio” dei dipendenti all’interno di un’organizzazione, ovvero l’uscita e l’ingresso di nuove risorse.

Si tende però a porre distinzione tra turnover volontario, quando il dipendente decide spontaneamente di lasciare il posto di lavoro, e turnover involontario, quando è invece l’azienda a decidere di interrompere il rapporto lavorativo.

Il turnover - di per sé - quindi non è obbligatoriamente qualcosa di negativo, ma tutto dipende dal ritmo, dalla percentuale e dalla ricorrenza con cui esso avviene.

Tale indicatore, se monitorato correttamente, può infatti dirci molto sul clima e sulla salute dell’impresa.

Quali sono le cause di un turnover personale elevato?

Un tasso di turnover elevato è spesso sintomo di problematiche interne e le sue cause più frequenti includono:

un ambiente lavorativo tossico, fonte di relazioni conflittuali o clima aziendale negativo.

Mancanza di opportunità di crescita e carenza di percorsi di carriera e formazione.

Retribuzione non competitiva, con stipendi sotto la media di mercato.

Leadership debole, con manager non capaci di motivare o guidare efficacemente.

Assenza di work-life balance, con carichi di lavoro eccessivi e orari poco flessibili.

Tali fattori, se trascurati, finiscono quasi inevitabilmente per alimentare una spirale negativa, che porta i talenti migliori a cercare nuove opportunità altrove.

Tasso di turnover complessivo: positivo e negativo

Come dicevamo, non tutto il turnover è dannoso, in quanto può portare anche a un incremento di nuovi protagonisti o a un ricambio generazionale, ma il trucco della salute aziendale sta sempre nell'equilibrio.

Ecco quindi perché il monitoraggio del turnover è fondamentale!

Un certo grado di rotazione può essere positivo, in quanto consente all’azienda di acquisire nuove competenze, rinnovare le energie e correggere eventuali squilibri organizzativi.

Tuttavia, quando il turnover diventa eccessivo, può indicare un problema strutturale; un tasso molto alto può generare instabilità, perdita di know-how e una reputazione negativa nel mercato del lavoro.

Il tasso di turnover del personale si può calcolare con una semplice formula:

Tasso di turnover personale = (Numero di uscite / Numero medio di dipendenti) x 100

Ad esempio: se in un’azienda con 200 dipendenti, 10 persone si licenziano in un anno, il tasso di turnover del personale sarebbe del 5%.

Un’analisi periodica aiuta a capire se si è oltre la soglia fisiologica.

Le conseguenze del turnover personale

Le aziende che subiscono un turnover costante affrontano diverse conseguenze, tra cui:

riduzione della produttività, perché il team deve coprire i carichi di lavoro dei colleghi usciti.

Demotivazione del personale, perché il clima lavorativo peggiora quando i colleghi lasciano frequentemente.

Ritardi nei progetti, perché la continuità operativa viene compromessa.

Perdita di fiducia nei confronti dell’azienda, sia da parte dei dipendenti rimasti, sia all’esterno.

Il turnover diventa così non solo una sfida gestionale, ma un ostacolo alla crescita sostenibile.

Turnover personale: costi aggiuntivi e perdita di know-how

Un’elevata rotazione comporta costi tangibili e intangibili per l’azienda.

Tra i principali costi diretti, basta citare il recruiting (annunci, selezione, colloqui), i costi di formazione (tempo e risorse per l’onboarding) o le ferie e i permessi non goduti (spesso da liquidare).

Mentre, per quanto riguarda i costi indiretti, è impossibile non considerare un’inevitabile bassa produttività dei nuovi assunti (per lo meno nelle prime fasi), errori e inefficienze operative e conseguente stress del team, a causa di carichi di lavoro sbilanciati.

Ma non finisce qui: è spesso la perdita di know-how la conseguenza peggiore!

Quando un dipendente esperto esce dal team, porta via con sé anche competenze specifiche, conoscenza dei processi interni e relazioni costruite nel tempo. Un patrimonio spesso non documentato e molto difficile da recuperare.

Come evitare quindi che ciò accada e - quando il problema insorge - come recuperare?

Come abbassare il turnover dei dipendenti con il Welfare Aziendale

Uno dei metodi più efficaci per ridurre il turnover è investire nella costruzione di un ambiente di lavoro sano, motivante e orientato al benessere delle persone.

In questo contesto, il Welfare Aziendale gioca senza dubbio un ruolo strategico, mettendo in gioco non solo benefit economici, ma strumenti concreti per migliorare la qualità della vita lavorativa.

Ad esempio, un piano Welfare ben strutturato può contribuire a ridurre lo stress e migliorare l’equilibrio tra vita privata e professionale; offrire supporto psicologico e servizi di consulenza dedicati; promuovere un sano stile di vita e sostenere le famiglie dei dipendenti con soluzioni flessibili e mirate.

LEGGI L’ARTICOLO SPECIFICO SU “COME RIDURRE IL TURNOVER” PER APPROFONDIRE!

Accanto al Welfare, è però fondamentale lavorare anche su altri elementi, in grado di creare un clima aziendale positivo, come ad esempio una comunicazione trasparente, una leadership empatica, una gestione equa dei carichi di lavoro, politiche inclusive e in grado di valorizzare le diversità o la predisposizione di spazi accoglienti e funzionali, sia fisici che digitali.

Come abbiamo già detto QUI - e come riprovato anche da "Il Grande Gap" e dalla sempre più diffusa tendenza del Work Life Blend -, oggi le scale di valori stanno cambiando e non è più solo l’aspettativa salariale a fare la differenza nella scelta del luogo di lavoro, bensì la qualità della vita, il benessere e gli ideali condivisi.

LEGGI L’ARTICOLO “Welfare come ecosistema” PER APPROFONDIRE!

Quando un’azienda è in grado di soddisfare tali condizioni, non solo diviene un luogo piacevole in cui lavorare, ma anche un’organizzazione in grado di attrarre e trattenere talenti.

Il risultato? La creazione di una più solida cultura aziendale, una maggiore fidelizzazione del personale e una reputazione positiva sul mercato del lavoro.

Investire nel Welfare non significa solo “offrire vantaggi”, ma costruire un rapporto di fiducia con i propri collaboratori.

In altre parole, un ambiente che valorizza le persone riduce le dimissioni volontarie e attira nuovi talenti.

Il turnover del personale è un fenomeno complesso, che va monitorato e gestito con attenzione.

Le sue conseguenze vanno ben oltre l’uscita di un singolo dipendente, impattando su produttività, costi e cultura aziendale, ma prevenire è possibile! Puntare sul Welfare e sull’ascolto attivo dei collaboratori è la chiave per trattenere i talenti e costruire un’organizzazione solida e duratura.


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